Luca Bussotti

Non è stata una grande sorpressa, per chi ha seguito, nelle settimane scorse, il dispiegarsi delle proteste nell’isola africana immersa nell’Oceano Indiano. Da tempo la popolazione locale stava reclamando dei continui, gravissimi disservizi del governo guidato dal presidente Andry Rajoelina, con manifestazioni guidate dalle generazione Z, a cui, nei giorni scorsi, si è aggiunta una parte consistente dell’esercito.

Dal 25 settembre scorso, infatti, i giovani di questo paese – il primo in cui vi è stato un colpo di stato all’interno della SADC (Southern Africa Development COmmunity) – si erano riuiniti nelle principali píazze, a partire da quelle della capitale Antananarivo, per reclamare della mancanza di luce e acqua, nonché di stipendi da fame. Un funzionario di un locale hotel della capitale, fra i più decisi sostenitori delle manifestazioni, Adrianarivony Fanomegantsoa, ha dichiarato alla Reuter che il suo stipendio è di 67 dollari al mese, e che non basta neanche per pagare le spese di base, a partire da quelle alimentari. Secondo dati ONU, almeno 25 persone sono morte nei confronti che, dal 25 settembre scorso, vedono la polizia fronteggiare i manifestanti.

La storia degli ultimi anni, in Madagascar, non è dissimile rispetto a quella di diversi altri paesi africani. Le elezioni del 2023 sono state ampiamente contestate dalle opposizioni, che le hanno addirittura boicottate, facendo sì che l’affluenza alle urne non raggiungesse il 50% degli aventi diritto, la percentuale più bassa in una elezione presidenziale della storia del paese. In queste condizioni, Rajoelina è stato rieletto con più del 58% dei voti, contro altri 12 candidati presidenziali, mentre la candidatura di altri 15 era stata respinta da parte del Tribunale Superiore Costituzionale. L’atmosfera in cui il processo elettorale si è svolta è stata pessima, con una decisione, da parte del presidente Rajoelina, di proibire (aprile 2023) ogni tipo di comizi pubblici, decisione condannata da tutte le organizzazioni internazionali, fra cui l’Unione Europea.

Rajoelina era asceso alla presidenza del Madagascar nel 2009, attraverso un colpo di stato dell’esecito contro l’allora presidente, Ravalomanana, che l’Unione Africana condannò. Da allora, i livelli di democrazia del paese si sono rapidamente deteriorati, così come quelli di corruzione sono aumentati, mentre l’efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici è crollata.

La comunità internazionale non ha mostrato particolari segni di reazione, ma una posizione dell’Unione Africana è attesa nelle prossime ore. Nel frattempo, Rajoelina si è allontanato dal paese, a bordo di un aereo militare francese, messo a disposizione da Macron, specificando tuttavia che la Francia non avrà alcun ruolo diretto rispetto all’attuale situazione, in costante divenire.

L’esempio del Madagascar ripropone la questione del cambiamento politico in alcuni paesi africani. Quando i procedimenti democratici non funzionano, con brogli elettorali, controllo delle opposizioni e repressione, nonché inefficienza dei servizi pubblici fondamentali e elevati livelli di corruzione, la via del colpo di stato rappresenta una delle poche opzioni possibili. È quanto è accaduto in tutti i paesi del Sahel e in alcuni dell’Africa Occidentale. mentre il Madagascar potrebbe aprire una nuova stagione nell’Africa Orientale, in cui problemi di natura similare non mancano affatto.


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