Luca Bussotti

L’Italia verso un razzismo strutturale?

Appare ormai piuttosto evidente di come la storia del colonialismo italiano, iniziata nel XIX secolo e culminata col fascismo, così come di forme di rappresentazione dell’altro, in particolare l’africano colonizzato, costituisca una lunga pagina buia della storia del bel paese. Tuttavia, dopo la caduta del fascismo, la rimozione collettiva di tale segmento di storia patria se, da un lato, ha occultato una parte delle vicende nazionali, dall’altro ha, per lo meno per una cinquantina di anni o forse piu, emarginato tendenze discriminatorie sulla base del colore della pelle.

Non che l’Italia sia stata esente, nel dopoguerra, da processi discriminatori all’interno della propria popolazione. Il trattamento riservato ai “terroni” che cercavano fortuna nel triangolo industriale, le enormi barriere – non soltanto architettoniche – per i disabili, il dileggio che talvolta e’ sfociato in vero linciaggio dei “froci”, il riconoscimento molto tardivo delle minoranze linguistiche storiche (con legge approvata nel 1999), gli “zingari” associati al furto e alla delinquenza, tutto questo apparato discriminatorio ha strutturato la società italiana del dopoguerra.

Poi, gradualmente, le cose sono cambiate, anche nelle designazioni linguistiche delle minoranze di cui sopra. Non che oggi chi e’ Rom o Sinti, o omosessuale, o diversamente abile, o meridionale o abbia una lingua madre diversa dall’italiano non passi per difficolta anche significative. E tuttavia risulta innegabile l’evoluzione, in termini di mentalita’ collettiva e anche a livello legislativo, che il paese ha compiuto nel rispetto e inserimento di questi gruppi umani nel proprio tessuto sociale e culturale.

Negli ultimi anni, pero’, una emergenza sembra sia non soltanto affiorata, ma stia configurando una nuova forma di discriminazione, a cui l’Italia sembrava immune: si tratta della forma piu antica, quasi ancestrale di non accettazione dell’altro: il razzismo contro i neri.

Il peggio degli archetipi collettivi e degli stereotipi colonial-fascisti sono riemersi, grazie a una crisi di identita’ e di valori che sta coinvolgendo tutte le culture democratiche e tolleranti, nessuna esclusa, lasciando spazio a idee e partiti di estrema destra, in qualche caso apertamente fascisti.

E’ come se ci fosse bisogno, in una epoca storica segnata da disoccupazione, nuove povertà, ingiustizie, smarrimento sociale, di un nuovo capro espiatorio a cui farla pagare. E questo, oggi, è l’africano immigrato che ci ritroviamo quotidianamente di fronte, indipendentemente se questo sia un venditore ambulante, uno spacciatore, un operaio o un libero professionista. Il caso del medico fiscale originario del Camerun che, a Chioggia, e’ stato cacciato da un lavoratore italiano che stava imbrogliando l’Inpss, quindi tutto il paese, standosene a casa senza motivo, rappresenta soltanto l’ultimo episodio di un salto di qualita’ del razzismo nostrano. In Italia il razzismo contro i neri non aveva mai assunto un carattere strutturale.

Oggi, invece, il susseguirsi di episodi del genere, che infarciscono il nostro quotidiano, fanno propendere per pensare che ormai il razzismo anti-neri sia diventato strutturale, ossia un elemento insito, quasi ontologico, alla nostra realtà.

A dove questo possa portare – al di lá di considerazioni etiche abbastanza ovvie – non e’ difficile da prevedere: politiche sempre più sicuritarie e meno inclusive, tensioni razziali in stileamericano o brasiliano, addirittura ghetti neri e manifestazioni violente, tipo quelle che, negliStati Uniti, hanno fatto seguito alla morte di George Floyd, nel maggio del 2020. E’ questo, molto probabilmente, lo scenario che, nel breve termine, attende l’Italia, soprattutto presso le periferie delle sue principali città. A meno che il paese non dimostri di avere quegli anticorpi che gli hanno permesso di sconfiggere il fascismo o altre forme di discriminazione, anche se i tempi e i valori collettivi erano, evidentemente, assai diversi rispetto a oggi.